Quest’anno ho provato l’Inter Rail con un amico, e come al solito ve ne propongo il diario. Come l’anno scorso, non è riportato tutto quello che ho fatto e nemmeno tutto quello che uno dovrebbe sapere, solo cio’ che avevo voglia di scrivere nei ritagli di tempo. Mi auguro queste informazioni risultino utili a qualcuno e che il diario rappresenti nel suo complesso una lettura divertente. Non badate ovviamente ai tempi verbali a volte scorretti, neanche quest’anno avevo voglia di correggere il testo. ;-) Se volete chiedermi qualcosa sulla Norvegia e sulla Finlandia, o semplicemente scrivermi, il mio indirizzo e’ mb at italpro.net.

Giovedì 20 Giugno

Anche quest’anno non ho portato l’alberello: lo avrei dovuto acquistare un mese prima di partire per permettergli perdere il fet… ehm, profumo. Ma c’è di peggio: ho dimenticato a casa Augusta, la pecora di peluche che mi ha regalato la mia amata Sabry. OK, non facciamo di queste cose una mania va. Veniamo invece alle note positive: quest’anno ho viaggiato con un amico, Luca.

Abbiamo scelto di raggiungere la destinazione (Oslo, la capitale della Norvegia) in aereo, per poi muoverci utilizzando il magico Inter Rail. So che molti pensano che viaggiare in aereo sia da fighetti, ma avevamo solo due settimane a disposizione, e tra l’altro abbiamo sfruttato un’offerta della KLM che di fatto ci è costata meno di quanto avremmo speso viaggiando in treno.

Chiaramente il viaggio ha riservato alcune “piacevoli sorprese”, a partire dai meravigliosi KLM Cityhopper: dei piccoli ruderi volanti, veri e propri bidet dell’aria privi di qualsiasi comfort. Il cibo servito a bordo merita una menzione particolare, poiché si trattava di tramezzini farciti con sospette salse a base di tonno, il perfetto punto di incrocio tra lo spaventoso e l’immangiabile. Li ho divorati comunque, accompagnandoli se non altro con una decente Heineken (sulla KLM chiaramente…). La seconda sorpresa è stata quella che, appena passo per Pordenone, costerà la vita all’impegato del CTS: gli avevamo chiesto di volare ad Oslo e lui ci ha venduto dei biglietti per Sandefjord, indicandocelo come l’aeroporto della capitale norvegese. In realtà Standefjord è l’aeroporto di Torp, che a occhio si trova a 200 km a sud di Oslo: non è stato un grande problema, ma sarebbe stato bello saperlo prima.

Dopo uno scalo in Olanda, siamo atterrati in quello che era poco più di un prato con a fianco un hangar. Non sapendo bene dove ci trovassimo, ci siamo diretti verso l’immancabile ufficio informazioni. La signora, pur simpatica, aveva poche idee e molto confuse su autobus e treni. L’unica cosa che sapeva con certezza era che potevamo attendere due ore e salire sul bus che attendeva il volo della (mitica!) Ryan Air proveniente da London Stansted. Dopo aver provato ad interpretare alcuni depliant scritti in norvegese (lingua difficile ma non inafferrabile), ho compreso l’esistenza di un treno per Oslo in partenza da una stazione distante una decina di chilometri dallo scalo. Purtroppo, orrore, ci è toccato prendere un taxi (unico mezzo disponibile) per raggiungere la sopra citata stazione: ben NKR164 (~EUR19.50) per una distanza così breve. L’ultimo treno della giornata (!) ci ha portati a Olso. A differenza che in UK, in Norvegia i controllori non ti guardano perplessi quando gli mostri l’Inter Rail: sanno benissimo cos’è, la qual cosa non guasta in quanto evita situazioni di moderato imbarazzo.

Giunti a Oslo, abbiamo appreso che l’ultimo treno per Bergen era partito una quarantina di minuti prima della nostra venuta, il che poteva essere interpretato in maniera univoca: avremmo dovuto passare la notte nella stazione della capitale. A questo punto tanto valeva farsi un giro. Se dovete visitare la Norvegia e non avete molto tempo, la prima tappa da eliminare è senz’altro Oslo, ma una passeggiata in centro oppure al porto costituisce sempre un momento piacevole. Noi siamo finiti (che strano) in una birreria scozzese, dove abbiamo conosciuto un tipo di Trondheim sulla quarantina, piuttosto sbronzo, che ci ha offerto un giro. Le birre a Oslo costano l’esoso equivalente di circa EUR7.00 ciascuna (sono da mezzo litro), e quindi un giro offerto deve sempre essere motivo di grande soddisfazione per i beneficiari del generoso gesto. Oltre all’alcol, il tizio in legna ci ha anche dispensato tutta una serie di consigli sui luoghi da vedere o meno. In particolare la Svezia era secondo lui da evitare in favore della Finlandia. Alla fine abbiamo seguito il suo consiglio, ma ancora non sono sicuro di aver agito per il meglio.

Verso le due e mezza abbiamo ben pensato di spostarci in stazione per dormire al calduccio, seppur adagiati su legnose sedie tutt’altro che comode. Ma, sorpresa: la stazione aveva chiuso all’una e mezza per riaprire solo alle quattro e mezza. C’era abbondanza di legnose sedie anche all’esterno dell’edificio, peccato che calduccio non fosse un termine applicabile al clima notturno di Olso. Patendo le pene dell’inferno, tra temperature basse e barboni invadenti che non ci lasciavano mai in pace, abbiamo dormicchiato tirando l’ora di riapertura della stazione. All’interno di essa abbiamo sonnecchiato altre due ore sulle già due volte citate ed elogiate sedie di legno, per poi salire finalmente sul treno che ci avrebbe portati a Bergen.

Venerdì 21 Giugno

Il viaggio in treno è stato decente, anche se non ho molto gradito il supplemento di NKR40 (~EUR5.00) a ciascuno che abbiamo dovuto sborsare al controllore per prenotare i nostri stessi posti su un convoglio comunque deserto. A quanto pare la prenotazione è obbligatoria su tutti i treni a lunga percorrenza in Norvegia.

Lo scenario era spettacolare a dir poco, ed il macchinista offriva l’opportunità di scattare qualche fotografia nelle zone paesaggisticamente più rilevanti, facendo soste di una decina di minuti ciascuna. In particolare mi ha impressionate Finse, dove si godeva di una magnifica vista sul ghiacciaio, e di un freddo degno di esso.

Giunto a Bergen ho finalmente potuto chiamare la mia amata, che era un po’ giù a causa di un raffreddore. Ah, piccola nota: in Norvegia chiamare un numero verde costa NRK5 (~EUR0.5) per 15 minuti. Ma perché li chiamano “toll free” allora?!?

Sempre in tema di ragazze, quelle di Bergen mi sono sembrate bellissime. Abbiamo scarpinato un bel po’ per la città. Dovevamo acquistare il biglietto per l’Huntigruten, la nave notturna per Alesund, e la signorina dell’ufficio informazioni turistiche ci ha spediti nella via sbagliata, per accedere alla quale tra l’altro bisognava superare un “Mortirolo” da panico (con 15kg di zaino in spalla poi…). Trovata l’agenzia, siamo stati informati che il biglietto per dormire sulle poltrone costava l’approssimativa bellezza di EUR90.00 a testa; fortunatamente è spuntata fuori un’offerta last minute, quindi con “soli” EUR80.00 a testa abbiamo ottenuto una cabina con tanto di doccia (una manna dal cielo!).

Bergen è proprio carina. Il centro è simpaticamente affollato e di fronte al porto c’è un mercato in cui vengono venduti souvenir di vario tipo, pesce e frutta. Il prodotto ittico è buonissimo, tanto che mi sono sbranato due panini al salmone ed uno ai gamberetti. Il “quartiere vecchio”, posto anch’esso nei dintorni del porto, merita una visita: le case in legno sono pregevolissime e ci sono vari negozi. In uno di essi tra l’altro ho comprato un divertente (spero) regalo per la mia bella. C’è anche una funicolare che porta su una collina dalla quale, si dice, si gode di una imperdibile vista di Bergen: naturalmente noi ci siamo persi l’imperdibile, poiché il tempo a nostra disposizione era limitato ed il centro offriva già molto.

Dopo aver fatto la spesa e spedito le prime cartoline, ci siamo diretti verso un altro porto, lontanissimo e con una strada in psicodrammatico saliscendi, per imbarcarci sull’Huntigruten. A bordo c’erano bar, ristoranti, e discoteca (deserta). Abbiamo passato parte del viaggio sul ponte ad ammirare un giorno che non finiva mai, ed il resto a dormire. Nel mezzo della notte la sorpresa: prima abbiamo sentito bussare alla porta, e poi la stessa è stata aperta da qualcuno che aveva una copia della scheda; o, meglio, un passepartout. Si trattava infatti di una ragazza dello staff della nave, preoccupata del fatto che potesse esserci successo qualcosa. All’inizio eravamo entrambi piuttosto perplessi, ma poi abbiamo capito che il mio amico Luca aveva per errore premuto (peraltro ripetutamente) il pulsante dell’allarme anziché quello della luce. Infatti, pochi minuti prima dell’arrivo della signorina, Luca mi aveva fatto presente che secondo lui mancava la corrente elettrica, poiché la lampada non si accendeva (grazie, premendo il pulsante dell’allarme…), ma io avevo sonno e non mi ero curato più di tanto della questione.

Sabato 22 Giugno

Subito dopo il nostro risveglio la nave ha attraccato ad Alesund, e siamo dunque scesi. Benché non ci sia quasi nulla da vedere, la cittadina è in qualche modo piacevole. Abbiamo dovuto passarci diverse ore, poiché abbiamo perso un autobus. Una camminata interessante è quella (418 scalini e varie rampe) che porta su una collina dalla quale si gode di una bella vista su fiordo e città. Come da protocollo, appena siamo arrivati in cima è iniziato a piovere, e siamo dunque stati costretti a ridiscendere subito (il bar, unico riparo sopra la collina, era chiaramente chiuso). Abbiamo riparato in un centro commerciale, il Kremmer Garden, provvisto di ricco supermarket in cui rifornirsi di provviste. Peraltro, ho finalmente potuto comprarmi lo spazzolino da denti (avevo dimenticato il mio in Italia) ed occuparmi della mia igiene orale.

Come dicevo, abbiamo perso il primo autobus per Andalsnes poiché esso non andava atteso alla fermata dove erano appesi gli orari, bensì alla stazione degli autobus situata a circa un chilometro di distanza. In effetti c’era una scritta che indicava ciò, ma era in norvegese ed in un primo momento non avevo prestato troppa attenzione. Cambiato il luogo di attesa, a momenti perdevamo anche il secondo bus (e lì sarebbe stata grave per il proseguimento del nostro viaggio), poiché ci è piombato alle spalle e noi ce lo aspettavamo sulla corsia di fronte a noi. Luca ne ha notato la presenza all’ultima istante e siamo dunque riusciti a salire. Ah, su questo autobus (e, avrei scoperto poi, su tutti quelli a lunga percorrenza), era previsto uno sconto del 50% per i possessori di biglietto Inter Rail.

La tratta in bus (2 ore circa) è stata interessante, almeno sotto il punto di vista del brivido. L’autista, nell’ordine, ha: dimenticato una fermata (è dovuto tronare indietro); ha rischiato di farci fare un frontale tentando (senza riuscire) un sorpasso in curva in galleria; ha sfiorato una roulotte andando molto vicino a provocare un incidente di grandi dimensioni. Tutto ciò è accaduto mentre il driver continuava ininterrottamente a conversare al telefono cellulare.

Giunti a destinazione, abbiamo dapprima ringraziato il cielo per esservi arrivati sani e salvi, e lo abbiamo poi maledetto pesantemente poiché il sabato non era prevista la coincidenza ferroviaria per Trondheim. Di fronte allo spettro di un ritorno ad Olso con relativo pernottamento in loco, abbiamo studiato gli orari dei treni e scoperto di poter dormire a Lillehammer, la cittadina che ha ospitato le olimpiadi invernali nel 1994.

Escluso a priori il Lillehammer Hostel collocato al secondo piano della stazione ferroviaria, abbiamo preso due letti al Gjeste Bu, guesthouse molto carina e tranquilla. Il tizio della reception era piuttosto stupito di vedere italiani già in giugno, ed in effetti eravamo più o meno gli unici in giro.

Di estate Lillehammer è piuttosto quieta (=deserta), ma dato che era sabato sera il corso centrale (Storgata) era piuttosto frequentato. In esso sorgono tre o quattro locali che vanno sicuramente bene per una (economica tra l’altro!) pinta. Ne abbiamo sperimentato solo uno, poi eravamo piuttosto stanchi per proseguire la serata. Peraltro, vedendo in prospettiva il lungo viaggio fino alle isole Lofoten che ci attendeva prima di poter nuovamente dormire su un letto, abbiamo optato per un sano riposo. Ah, Lillehammer la sera è piena di zanzare: caveat visitor.

Domenica 23 Giugno

Lillhammer è veramente il luogo più rilassante del mondo (dopo la mia casetta a San Vito di Cadore), ed in effetti ho riposato alla grande, nel silenzio più assoluto.

Trasferitici alla stazione, dovevamo obbligatoriamente prenotare un posto sul treno per Trondheim. Alla stazione della pur popolosa Lillehammer manca la biglietteria, o meglio è chiusa sempre. Bisogna telefonare (gratuitamente) alle NSJ (ferrovie norvegesi) e poi ritirare il biglietto al bar (!!!), che è un negoziaccio della catena Narvesen (una specie di 7-Eleven, da scegliersi rispetto al primo solo se si hanno antipatie verso i marchi statunitensi). Comodo, eh?!? Vabbeh, in ogni caso (che strano) il treno era completamente pieno, e così abbiamo dovuto ripiegare su un viaggio spezzato in tre comode tratte: Lillehammer-Hamar, Hamar-Røros, Røros-Trondheim. Sempre più comodo. ;-) I treni erano delle specie di litorine: più vai a nord, più il servizio peggiora, pare. Il contrario che in Italia (senza offesa ovviamente).

Ad Hamar non abbiamo trovato nulla di interessante a parte il 7-Eleven fuori dalla stazione, dove ho comprato delle arance. Ben diverso ci è apparso Røros: già vedendolo dal treno sembrava un paesino incantevole. Peccato che quella dal vagone sia stata proprio l’unica visione di cui ci siamo dovuti accontentare, poiché avevamo appena venti minuti prima che il diesel sul binario per Trondheim partisse. Dal momento che il centro era un po’ lontano, ciò è significato dover rimanere tutto il tempo alla stazione.

A Trondheim, l’antica capitale della Norvegia, avevamo invece ben tre ore a disposizione, le quali ci hanno consentito un ampio tour del centro della città. Abbiamo anche cenato in un ristorante italiano: la pizza non era male ed i prezzi erano relativamente contenuti. Trondheim è proprio carina: tutta circondata dall’acqua, ha un bel centro (ma era domenica sera, c’era il desero), ed una notevole cattedrale medioevale. Le ragazze sembrano essere persino più belle rispetto alle altre zone della nazione.

Concluso il nostro safari fotografico in centro, siamo tornati alla stazione per non perder il treno notturno che in 10 ore e 50 minuti ci avrebbe poi portati a Bodø. Qui, sorpresa delle sorprese, orrore degli orrori, grande sensazione di incertezza sul nostro futuro: il convoglio era ancora uno squallido diesel con sedili stretti e comodissimi. Non solo: noi avevamo gli unici sedili in cui il sole ti fondeva gli occhi, e non è che a Trondheim il disco scenda sotto l’orizzonte tanto preso. Tra l’altro, il treno era diretto oltre il Circolo Polare. E ancora: accanto a noi c’era un gruppetto di donne e ragazze che non la finiva mai di ridere; fortunatamente le oche in questione sono scese poche fermate dopo, permettendoci di crollare nel sonno. Chiaramente, senza buii (non c’erano neanche le tende!) ed in una litorinaccia scomodissima, ho dormito solo a tratti. Si sono susseguiti panorami fantastici, con un eterno tramonto che si è trasformato direttamente in alba. Era uno scenario che ti dava emozioni incredibili (Sabry, ma perché non eri con me?!?). Ah, da ricordare assolutamente una signora inglese, sui suoi 50, con un completo floreale che si è messa a dormire stravaccata su due sedili, dopo averli ben collaudati saltellandoci sopra. Ahhhh, l’Ukkeya, che gran paese! ;-)

Lunedì 24 Giugno

Arrivati a Bodø, abbiamo avuto non pochi problemi ad intuire dove fosse locato l’ufficio informazioni, poiché nessuno pareva saperlo con certezza e vedivano dunque continuamente mandati avanti e indietro per la stessa via. Il Lonely Planet tra l’altro indica l’ufficio informazioni in un luogo sbagliato, mentre in realtà si trova al terminal degli autobus.

Una volta giunti alla fonte dell’informazione turistica, ci siamo documentati sulle possibilità a nostra disposizione per raggiungere Stamsund, alle Lofoten. Essenzialmente erano due: ferry + due autbous, oppure Huntigruten (la nave già presa qualche sera prima). Potete immaginare la nostra felicità quando il tizio dell’Infopoint ci ha comunicato che potevamo ottenere il 50% di sconto sull’Huntigruten grazie all’Inter-Rail. Non potete invece assolutamente immaginare quanto siamo rimasti basiti quando, già a bordo della nave, la tipa alla reception ha detto che ciò non era vero. Fortunatamente siamo riusciti a convincerla del nostro status di studenti, pur sprovvisti di un documento che attestasse ciò, ed abbiamo comunque ottenuto l’agognata riduzione del 50% (quindi abbiamo pagato NKR200).

Nell’ora in cui la nava è rimasta ferma al porto, è stato fantastico prendere il sole a torso nudo, anche se qualche tipo un po’ troppo schizzinoso mi ha guardato piuttosto male. Purtroppo, a nave in moto la situazione climatica era ben diversa, ed ho quindi dovuto rivestica. Io e Luca siamo comunque rimasti sul ponte per tutto il viaggio (quattro ore), mangiando cracker e nutella: sapendoli apprezzare, questi sono i grandi momenti della vita. Dopo un po’ il freddo si era fatto davvero insostenibile, ed i tavoli sottocoperta erano tutti occupati; ci siamo salvati da una sicura polmonite posizionandoci in un punto del ponte vicino alq uale esce il calore dalla sala macchine.

Ma ora… due parole su Bodø: la città non è nulla di eccezionale, e dopo mezz’ora di permanenza già la noia inizia a prendere il sopravvento. Anche il panorama, altrimenti notevole, è guastato dalla presenza di diversi stabilimenti. Un Inter Railer che punta al grande nord non può non passare per Bodø, in quanto rappresenta il termine ultimo delle ferrovie norvegesi a nord (Narvik è di fatto una stazione svedese); pensare di fermarvisi anche una sola notte sarebbe tuttavia, a mio avviso, pura follia.

All’arrivo alle Lofoten, ho avuto un’impressione mista: il paesaggio era sì notevole, ma non esattamente aggressivo quanto me lo sarei aspettato. Stamsund è un piccolo vilaggio di pescatori, probabilmente il posto più rilassante (o, secondo un’altra scuola di vita, “smorto”) che abbia mai incontrato nei miei viaggi. Abbiamo pernottato all’ostello del mitico Roar Justad: economico, caratteristico, e piuttosto affollato (considerato il luogo). Dopo aver stupito il gestore, in quanto gli italiani in Giugno lì sono ancora più rari che a Lillehammer, abbiamo deliberato di passare una sola notte a Stamsund, e di trasferirci poi a Svolvaer. Detto e fatto: alle 10 del giorno dopo…

Martedì 25 Giugno

…eravamo già a Svolvaer, dopo un bel viaggio in autobus attraverso lacuni luoghi molto caratteristici delle Lofoten. Abbiamo preso una stanza allo Svolvaer Sjøus, un simpatico ostello/guesthouse, piccolo ma piuttosto ben tenuto (NKR390 per la camera doppia). La cittadina è piacevole, grande quanto basta per trovare tutto ma assolutamente non caotica.

Abbiamo noleggiato due biciclette e siamo andati un po’ in giro per le isole (percorsi circa 50km): addentrandosi nelle strade non asfaltate si può giungere a luoghi con bellissimi panorami, ma è consigliabile l’acquisto di una (costosissima) mappa per evitare di perdere tempo in una delle moltissime stradine che terminano dopo pochi km.

Alla sera ci siamo recati ad ammirare The Goof. Si tratta del mitico picco a due denti in cui i coraggiosi (o folli) si arrampicano per poi saltare da un dente all’altro. Abbastanza ironicamente, c’è un cimitero direttamente alla base del picco. Quest’anno mi sembrava di essere in possesso di valide motivazioni per non giocare con la sorte in una simile maniera, magari se fossi passato di qua l’anno scorso…

Per un paio di pinte abbiamo scelto (=trovato solo quello) un pub in uno scantinato vicino alla piazza centrale, che poi è anche il porto. Quando siamo usciti dalla birreria (verso mezzanotte) ci siamo un momento soffermati a commentare come il giorno continuo ci facesse impazzire. Uscendo dal locale ci aspettavamo infatti, inconsciamente, di trovare buio, ed avevamo anche sonno: in sintesi eravamo prontissimi per andare a dormire. La molta luce ci ha però tolto il sonno (ma non la stanchezza), sembrava pieno giorno. Il sole di mezzanotte non è infatti quel lungo tramonto da cartolina che si trasforma poi in alba: è sempre giorno!!! La cosa è sicuramente molto affascinante, ma dopo qualche giorno ha iniziato a crearci qualche problema.

Mercoledì 26 Giugno

Il tempo stringeva e Capo Nord non si trovo proprio vicinissimo alle Lofoten, così era già giunto il momento di spostarsi di nuovo. Avevamo passatto sei notti in sei luoghi diversi, più o meno confortevole. Per raggiungere Tromsø da Svolvaer abbiamo dovuto prendere ben quattro autobus (partenza 9.45, arrivo 19.55), che hanno compiuto tragitti più o meno scenografici. È stata particolarmente interessante la prima tratta: l’autobus ha percorso uno spettacolare tratto delle Lofoten, ed è poi salito su un ferry per scendere alla isole Vesteralen. Rispetto alle prime, queste ultime sono meno aggressive e complessivamente meno interessanti. Il loro collegamento alla terraferma (tramite ponte) ci ha tuttavia permesso di sfruttarle per proseguire per Tromsø senza doverci imbarcare di nuovo. L’ultima tratta del tragitto (Bjerkevik-Tromsø) ci ha dato bene l’idea della configurazione territoriale del nord della Norvegia: alberi bassi; panorami a tratti mozzafiato ed a lunghi periodi monotoni; qualche casa isolata; piccoli villaggi con quattro abitazioni, un supermarked ed un bar. Ah, pare che gli autobus siano sempre più cari man mano che la latitudine cresce; peraltro, considerando il fatto che pagavamo metà grazie all’Inter Rail, non esiterei a definire ladresche le tariffe “standard”.

Tromsø è apparsa dal nulla, come un’oasi in mezzo ad un brullo deserto. Ci è apparsa come una cittadina piuttosto accogliente, vivace e piena di gente giovane. Nelle strade centrali vedevamo un pub ogni pochi metri. Benché il posto fosse così fuori mano, è stato tutt’altro che facile trovare una sistemazione per la notte. Abbiamo visitato le due (simpatiche) guesthouse segnalate da Lonely Planet, ma erano piene e prenotate per giorno. Non abbiamo avuto fortuna neanche con un economico hotel in centro.

L’ostello presso l’università, pur essendo a dir poco fuori mano, è stato la nostra salvezza, anche perché erano quasi le 22 e, pur essecondoci un bel sole, il clima tutt’altro che mite sconsigliava anche ai più avventurosi di passare la notte all’addiaccio. L’ostello in questione era il Tromsø Vandrerhjen, aperto solo in estate poiché venivano messe a disposizione le camere degli studenti (e nemmeno tutte: c’erano ancora molti universitari in giro per i dormitori). La cucina era limitata: solo microonde e bollitore elettrico per il caffè, quindi abbiamo dovuto scordarci la pasciutta che avevamo preparato due volte con successo alle Lofoten.

La sera eravamo piuttosto stanchi (dopo dieci ore di corriera vorrei vedere chi…) e siamo dunque andati a nanna presto. Ah, a proposito, l’ostello in cui abbiamo pernottato si trova vicinissimo all’aeroporto, ed ogni tanto è dunque lecito attendersi qualche rombo fastidioso.

Giovedì 27 Giugno 2002

Giro di boa e… primo giorno in cui ci siamo spostati! Abbiamo infatti dedicato la giornata al relax ed alla visita di Tromsø. È stata l’ultima citta norvegese che ho visto, e mi è sembrata decisamente la migliore sotto tutti i punti di vista (Luca ha concordato). C’è vita, è ricca di pub e di café, di musicisti di strada. Anche esteticamente l’abitato è grazioso, ed il fatto di trovarsi in mezzo a ciò che di fatto è il nulla rende Tromsø ancora più affascinante. In realtà Trondheim mi era sembrata all’altezza, ma il fatto che fosse domenica sera e pertanto fosse tutto chiuso mi ha impedito di valutarla bene.

Al mattimo abbiamo fatto un giro per i negozi del centro, ed io mi sono dato alle spese folli acquistando un tipico maglione norvegese per la mia amata. Luca è rimasto sotto shock appena ha visto il cartellino del prezzo (in realtà secondo me non del tutto inaccessibile), che comunque mi astengo dal riportare qui.

Abbiamo finalmente trovato un Internet Café, l’Amtmannens Datter, aperto dalle 15 fino a tarda notte. La postazione era una sola, e quindi abbiamo dovuto attendere un po’, ma l’utilizzo della connessione era completamente gratuito ed il software piuttosto aggiornato (Windoze XP con MSIE6: non è Mozilla ma per mandare un paio di email va bene lo stesso). Dopo la posta elettronica, siamo andati a scattare qualche foto in giro (chiese, ponte, …) prima di visitare il Polar Museum. All’interno di esso si può trovare materiale interessante sulle Svalbard e sulla Groenlandia, ma la maggior parte dei riquadri esplicativi non è tradotta in inglese. Orrenda e spesso agghiacciante la sezione sulla caccia alle foche.

La sera abbiamo scoperto la Tromsò che ti aspetti leggendo la guida, con locali vivi e pieni di giovani. Per la cena abbiamo scelto l’economico Patetten Kafé in Storgata, dove Luca ha ordinato la carne di balena. Due ragazze piuttusto carine, sui 18-20 anni, ci hanno addocchiati. La cosa ci ha ovviamente fatto piacere, ma poi abbiamo iniziato una discussione su cosa, moralmente fosse giusto fare. Di fronte alla visione lievemente più rilassata di Luca, io ho sostenuto dall’inizio che sarei rimasto assolutamente fedele (nota: anche Luca è impegnato). Le due angeliche presente si sono date al backgammon sul tavolino vicino al nostro, lanciandoci continue occhiate. Appena finito di pasteggiare (cioè dopo un bel pezzo, poiché io ho ordinato cibo a più riprese), abbiamo manifestato l’idea di alzarci, e le due belle hanno prontamente riposto il backgammon per sedersi su un divano vicinissimo a noi, in attesa della nostra mossa, che pareva ormai certa. Fedele alla morte alle mie leggi morali, sono passato via dritto e sono uscito dal locale, ed al povero Luca non è rimasta altra scelta che seguirmi sconsolato. Ma non è finita qui: avendole reincontrate successivamente per strada, Luca mi ha costretto ad un lungo e faticoso pedinamento. Fortunatamente una delle due tipe ha poi preso l’autobus, e noi siamo finalmente potuti andare a farci una birra all’Amtmannens Datter, e poi in un altro locale ancora di cui non ricordo il nome.

Venerdì 28 Giugno

Come al solito, quando ti attendi tanto da un luogo (o anche da una persona, ma quello è un altro discorso), ne rimani troppo spesso deluso. Così è più o meno stato nel caso della meta del nostro viaggio, Nordkapp (Capo Nord). Non è stato tanto il luogo a costituire il nocciolo del problema, quanto il maltempo che ci ha impedito di godercelo. Ma andiamo con ordine e passiamo alla fredda cronaca.

La mattina ci siamo alzati di buon’ora (6.30) per recarci in centro a prendere l’autobus per Nordkapp (anche in questa tratta era previsto lo sconto del 50% per i possessori di Inter Rail). Come al solito si è trattato di una cosa lunga: lasciato Tromsø alle 8.15, siamo giunti a Hoennisvag alle 18.30. In questo paesino, situato ad appena 34km da Nordkapp, ci hanno fatto scaricare tutti i bagagli ed attendere fino alle 20.15 la corriera per la destinazione finale (che poi era lo stess autobus ma con diverso autista!). Per l’ultimissima tratta non era nemmeno previsto lo sconto del 50%, e così abbiamo dovuto sborsare ben NKR66 per una trentina di km. Come previso, all’arrivo a Capo Nord c’erano da pagare NKR185 a testa di ingresso: fortunatamente sono riuscito a convincere la (bella) ragazza alla biglietteria che eravamo studenti, pur non essendo in possesso di nulla che lo attesasse (è la terza volta in questo viaggio che ci riesco, su tre tentativi…), e così abbiamo dovuto elargire “appena” NKR100 ciascuno.

Ed ora qualche commento sul viaggio. Dopo una prima parte con paesaggio piuttosto monotono, è stato bello assistere alla graduale trasformazione della foresta in brullo plateau, con residui di neve presenti anche a bassa quota. Erano particolarmente spettacolari le aggressive montagne che si ergevano direttamente dal mare, e le strette strade costiere sui fiordi del Mar Glaciale Artico. I villaggi diventavano sempre più sparti, e spesso erano costituiti solo da poche case e da un autogriss. Hoennisvag faceva in qualche modo eccezione, ma comunque si trattava di un centro molto piccolo e di nessun interesse turistico, dove è trascorrere due ore è stata una tortura (abbiamo comunque approfittato per fare la spesa).

E adesso… Nordkapp. Appena arrivato ero impressionato dalla maestosità del plateau che si ergeva dagli abissi del Mar Glaciale Artico, dalla vastità dello stesso specchio d’acqua, e dall’incredibile ed a tratti inquietante nebbia polare visibile in lontananza. Peccato che, dopo appena un quarto d’ora di permanenza a Nordkapp (speso peraltro a tentare inutilmente di chiamare le nostre amate da telefoni che rifiutavano le nostre carte di credito), la nebbia di abbia avvolti del tutto, creando una situazione di visibilità inferiore ai dieci metri. Era uno psicodramma: non solo non ero riuscito a parlare con Sabry dal limite del continente (mi sarebbe tanto piaciuto…), ma non ho neppure potuto consolarmi passeggiando sulla scogliera tra le renne (erano moltissime)!

A malincuore siamo entrati nel “centro turistico” e ci siamo accomodati, in attesa che la nebbia si diradasse (evento che non si sarebbe poi verificato), scrivendo qualche cartolina. Il centro turistico mi ha colpito molto, in negativo: c’era gente “a manetta”, soprattutto italiani, un’ora turistico-barbarica a dir poco shockkante. Visto il freddo, abbiamo comunque apprezzato l’esistente dell’edificio. Tra l’altro, ad un certo punto abbiamo pure dovuto sgomberarlo per un falso allarme terroristico.

Sabato 29 Giugno

Poco prima delle due del mattino, ormai rassegnati a non godere di alcuna visuale, siamo saliti sul bus diretto a Rovaniemi, in Finlandia. E qui è scattato l’incubo. Anzitutto non era previsto lo sconto Inter Rail, e quindi abbiamo dovuto sborsare la bellezza di EUR96.50 a testa: il ritorno all’uso della moneta dell’Unione non poteva essere peggiore. Privi di scelta, ci siamo accomodati: l’autista teneva il riscaldamento poco sotto i 30 gradi (mi sono dovuto mettere a torso nudo), e l’unico passeggero oltre a noi due si era tolto le scarpe e probabilmente non si lavava i piedi da mesi. Sempre a proposito di piedi, l’autista ha guidato in ciabatte!!! Alle 2.45 siamo arrivati a Hoenisvag, e l’autista ci ha chiusi dentro l’autobus fino alle 5.30, quando è arrivato un secondo autista incaricato di portarci fino a Rovaniemi. All’entrata nell’Unione ci hanno controllato tutti i passaporti; mi aspettavo che le frontiere con la Norvegia fossero un tantino più rilassate.

Giunti a Rovaniemi abbiamo preso una stanza al Matka Borealis, vicinissimo alla stazione ferroviaria. Si trattava di una guesthouse di pregevole gestione. Luca era piuttosto stanco, ma io sono (quasi) sempre implacabile e quindi sono andato a fare un giro in centro. Era sabato ed l’affollamento era discreto. L’Irish Times mi è sembrato il posto migliore per una pinta: nonostante la natura del pub, ho bevuto una birra finlandese, che chiaramente non si è rivelata nulla di particolare. Anche il Rovaniemi Panimo non mi è sembrato malaccio, anche se mi aspettavo di trovare gli omonimi del locale con la N sostituata alla M; niente da fare,s olo bevande. Poco male: mi sono rifatto mezz’ora dopo da McDonald’s. Lo so, è veleno, ma erano due giorni che mangiavo solo cioccolato e biscotti e non sono riuscio a resistere all’incredibile tentazione di un McChecken + patatine. Che bel momento. ;-) Dopo un altro giretto in zona centrale sono tornato in hotel a dormire. Nel complesso Rovaniemi non mi è sembrata nulla di particolare. Achitettonicamente, se si eccettua il Jätkänkynttilä Bridge, è insignificante, e non offre poi molto. A parte ovviamente tutto ciò che ruota attorno a Babbo Natale (vedi oltre).

Domenica 30 Giugno

La simpatica signora della guesthouse offriva una colazione a buffet, di cui abbiamo approfittato abbondantemente. Lasciato il nostro ricovero notturno ed arrivati alla stazione, ci siamo visti piombare davanti in macchina la signora di cui prima. In effetti mi ero dimenticato in tasca le chiavi della stanza, e credo dunque che di fatto gliele stessi rubando. Grossa figuraccia e tutto risolto.

Rovaniemi, come molti sanno, è il paese di origine di Babbo Natale, mito di tutti i bambini buoni del mondo e terrore di quelli cattivi. Ci sono due centri dedicati al grandioso personaggio: il Santa Village ed il Santa Park. Siccome era richiesta un’elargizione monetaria per accedere al primo, abbiamo scelto il secondo, attendendoci comunque qualcosa di “commerciale”. Le nostre peggiori aspettative sono state ampiamente superare: dopo aver pagato EUR5.40 a testa per l’autobus, ci siamo ritorvati in una marmellata di bar, ristoranti e negozi che vendevano ogni cosa vendibile sul tema “Babbo Natale” e non solo. Il tutto era intriso in uno smielato buonismo che, con tanto di musica natalizia di sottofondo, suonava di una falsità sconcertante. Unica nota “positiva” era la linea del Napapijri (Circolo Polare Artico), che passava proprio in mezzo al villaggio: almeno abbiamo combinato di fare qualche foto. Luca ha persino comprato una crema idratante al miele ed alle erbette, giusto per dare un senso agli euri regalati all’autista del bus.

Terminata la mattinata natalaizia, siamo tornato alla stazione, in attesa del treno per Oulu. A causa di lavori sulla linea ferroviaria, c’era l’autobus sostitutivo fino a Kemi. Scoprirlo non è però stato semplicissimo: gli avvisi appesi erano solo un suomi (cioè finlandese, lingua uralica incomprensibile per un europeo). Avendo fiutato qualche problema a causa della massiccia presenza di autobus e della totale assenza di treni, ho provato a chiedere: solo il terno addetto a cui mi sono rivolto parlava in qualche modo inglese ed ha potuto informarmi bene. Saliti sul bus, questo è partito cinque minuti prima dell’orario indicato: se qualcuno era arrivato un po’ dopo (ma comunque in orario), era rimasto a piedi. Luca mi ha fatto a quel punto notare come finora la Finlandia, in teoria uno dei paesi più evoluti al mondo, gli fosse sembrata non più organizzata del Marocco. Durante il viaggio gino a Kemi l’autistia ha parlato (in suomi) più volte ed a lungo al microfono, e tutti applaudivano e ridevano. Evidentemente i bus finnici includono un servizio di cabaret. Percorsa anche la tratta in treno e giunti a Oulu, ci siamo recati al nostro alloggio, il Kesähotelli Oppimestari: c’è da cammianare un po’ dalla stazione, ma il posto è eccelleente e costa appena EUR25.00 a testa (colazione inclusa).

La sera siamo usciti a mangiare la pizza da “Mario”, locale abbastanza economico in centro: ormai era troppo tardi per acquistare della pasta e non ce la facevamo proprio ad andare avanti a panini. Successivamente è finita in un giro di birrerie fino a giungere in un simpatico rock club su tre piani con musica da vivo, il 45 Special. Qui abbiamo conosciuto anche un finlandese, fan di Totti (proprio il calciatore più bovaro…), esploso e simpatico. Luca dopo quattro birre ha passato la mano, ma io ho chiuso piuttosto sbronzo. Almeno una volta in un Inter Rail una legna è d’obbligo! ;-)

Lunedì 1 Luglio

Nel complesso Oulu non mi è parso nulla di eccezionale, semplicemente una Rovaniemi più grande. La sera è tuttavia sempre molto animata, come ci ha spiegato il fan di Totti. Dopo un ultimo giretto in centro, abbiamo preso il treno per Tampere. Finalmente la motrice era elettrica, era da Lillehammer che avevamo viaggiato solo su diesel. Il viaggio è stato lungo e palloso, con dei bambini seduti accanto a noi che non la finivano mai di fare chiasso. Il peggio era comunque rappresentato dal paesaggio, un misto di sterpi, forste e campi di una monotonia a tratti sconfortante. Stavo iniziando veramente a sentire la nostalgia dei paesaggi norvegesi, per non parlare di quelli scozzesi un anno prima, assolutamente sublimi.

Tampere è stata una bella sorpresa, la prima riservataci dalla Finlandia. Ci siamo trovati in un città abbastanza grande, piuttosto viva, ma non troppo caotica. Architettonicamente mi è sembrata pregevole, con un sacco di costruzioni in mattoni rossi (ex fabbriche degli anni ‘60 trasformate in pub, negozi, …) che la rendevano molto simile ad una città inglese. Tra l’altro è anche chiamata la Manchester finlandese. Purtroppo non ho (ancora) visto Manchester, e quindi non saprei dire quanto il paragone si azzecato. Ci siamo sistemata al Tampere YWCA Hostel, semplice e tranquillo. Peccato che, per via di un guasto che sarebbe durato almeno tre giorni, mancasse l’acqua calda: siamo dunque stati costretti a farci la doccia con quella fredda. Vabbeh!

Per la cena ci siamo nuovamente trattati bene, anzi da veri signori questa volta. Siamo andati a cena al Salud, locale spagnnolo non proprio economicissimo. Suppongo che per una volta, in un Inter Rail in cui è andati a vanti quasi solo a panini, sia lecito concedersi una cena con tutti i crismi. Il cibo servito era in effetti eccezionale. Dopo un giro con foto, abbiamo oprato per una pinta (beh, io me ne sono fatte due: Guinness e London Pride) al Salhojankadun Pub, birreria bellissima in stile inglese. Abbiamo anche giocato a biliardo, ed io naturalmente ho stracciato Luca con un perentorio 3-1. Peraltro, il punto della bandiera di Luca è derivato unicamente dal fatto che per errore ho sparato in buca la pallina nera quando ero sul comodo 2-0. Giocare ci è costato appena EUR1.00 a partita, grandioso. Ah, finalmente, non c’era più il Sole di Mezzanotte (erano sette giorni che lo vedevo e credevo di impazzire), anche se la notte di Tampere non era esattamente definibile come buia.

Martedì 2 Luglio 2002

Era il momento di dare uno sguardo alla zona dei laghi, ed abbiamo dunque deciso di trasferirci a Savonlinna, che dovrebbe rappresentare per la zona dei laghi ciò che Cortina d’Ampezzo è per le Dolomiti. La mattina abbiamo dato un’ulteriore occhiata a Tampere, che si è riconfermata una città piuttosto interessante. A mezzogiorno siamo saliti sul treno diretto a Pieksämäki (non è in Giappone), cittadina da cui partiva poi l’autobus (gratuito per possessori di Inter Rail) per Savonlinna. Il viaggio in treno è stato una palla: dato che in Finlandia tutti prenotano i posti, siamo stati costretti a spostarci tre volte; come se non bastasse, la nostra sistemazione definitiva era in mezzo ad un gruppetto di bambini pestiferi e confusionari. E bon, anche questo è il bello di viaggiare.

La prima impressione che ho avuto di Savonlinna è stata buona: la città non è nulla di che, ma il “setting” in mezzo ai laghi è molto gradevole e… pacifico. Niente che tolga il fiato, ma rilassante: Luca ha paragonato la zona a quella del Lago di Garda; io non ci sono mai stato, quindi non saprei confermare o smentire. In ostello (il Vuorlinna) ho notato la presenza di una cucina, e mi sono dunque fiondato al supermarket mentre Luca si faceva la doccia ed ho comprato pasta e sugo (Barilla). Al ritorno, l’amara sorpresa: non c’erano ne’ pentole, ne’ piatti, ne’ posate e quindi, privi dei fondi necessari per cenare nuovamente fuori, abbiamo ripiegato su pane e salame.

Dopo la “cena” ci siamo traslati verso il castello di Olavinlinna, che si trova praticamente in centro a Savonlinna. È una costruzione notevole anche se, dopo essere stato in Scozia, è stato per me impossibile rimanerne impressionato. Pur essendo bello, a confronto di castelli quali Edimburgo e (soprattutto) Stirling, è una capanna. Comunque vale assolutamente la pena di vederlo. Finita la breve passeggiata, Luca ha alzato bandiera bianca come tre sere prima e si è coricato anzitempo. Irriducibile, ho visitato due pub: l’Huvila e l’Hyvät Oulutravintolat. Nel primo ho bevuto la birra prodotta direttamente da loro, non male. Nel secondo ho puntato decisamente su una Guinness, ormai credo che i miei gusti in fatto di birre siano chiari a tutti. ;-)

Mercoledì 3 Luglio

Poco dopo aver lasciato l’ostello ed aver depositato i bagagli in stazione (bellissima, come in un film!), si è scatenato un incredibile nubifragio che ci ha costretti a riparare per un’ora in un centro commerciale. Finito il temporale, siamo riusciti a visitare come si deve (è obbligatora la visita guidata, EUR5.00) il castello di Olavinlinna. In effetti è stato piuttosto interessante; tra l’altro stavano provando il Faust per il celeberrimo Opera Festival (ci vengono un sacco di artisti da Covent Garden) che sarebbe iniziato il 5 Luglio. La guida era una simpatica ragazza che spiegava tutto in inglese, e ci ha anche raccontato la leggenda (credo che ogni castello che si rispetti ne abbia una) della fanciulla che tutt’ora investa Olavinlinna.

Dopo qualche foto, un firo sul lungolago ed un frugale pasto a base di pompelmi, abbiamo presto il treno (diesel) per Parikkala, dove abbiamo poi cambiato per Helsinki (motrice elettrica, yeah!). Manco a dirlo, in treno, a causa del valzer delle prenotazione, abbiamo dovuto cambiare posto tre volte. Tra l’altro, l’ultimo spostamento non era dovuto ad una prenotazione ma ad una donna psicopatica che si voleva sedere al nostro posto: versando ormai in uno stato di profonda rassegnazione, noi abbiamo pensato che di prenotazione si trattasse, ed abbiamo traslocato senza opporci.

Helsinki mi è subito apparsa come una capitale: caos e grandi catene americane ovunque. Dopo molti giorni di posti tranquilli, mi ha fatto molto piacere immergermi in una città caotica. Rispetto al resto della Finlandia Helsinki è una cosa a se, ed il divario con il resto del paese è immediatamente visibile: lo si nota dai palazzi, dalla gente, dai negozi, dai locali, da tutto. Il gap non è proprio un baratro come lo è, ad esempio, tra Praga ed il resto della Repubblica Ceca, ma si tratta comunque di una differenza sostanziale, stilistica, sociale e credo soprattutto economica.

Non avendo trovato posto al consigliatissimo Eurohostel, ci siamo accasati all’Hostel Erottajanpuisto. Ci hanno chiesto la roboante cifra di EUR60.00 per una camera doppia, ma l’ostello era veramente carino, con reception aperta 24h/24 ed accesso ad Internet (a pagamento). Ma, soprattutto, l’ostello era situato in pieno centro, è ciò era grandioso visto che io adoro muovermi a piedi. Tanto per cambiare, abbiamo cenato con pane e prosciutto, visto che anche qui mancavano le stoviglie. Abbiamo lasciato pasta e sugo nella credenza, sperando in qualcuno che prima o poi si facesse vivo dotato del necessario cucinare.

Ancora una volta Luca ha tirato le cuoia prima del tramonto (questa volta è venuto quasi buoi, finalmente!), e così mi sono dato all’esplorazione solitaria della città, condita da due birre. La maggior parte dei locali indicati su Lonely Planet mi è sembrata troppo stylish e, dopo averne valutati alcuni da fuori, ho optato per una (fruttuosa) ricerca di pub inglesi. Al ritorno in ostello ho constatato una piacevole agitazione chiacchierativa ed alcolica nel salotto (Luca era però già a dormire). Ero tuttavia troppo stanco per unirmi ai bagordi dei simpatici spagnoli, così dopo una mezz’ora nel già citato salotto, mi sono traslocato sul letto.

Giovedì 4 Luglio

Independence Day! L’anno scorso ero ad Edimburgo il 4 Luglio, e c’erano in giro parecchi americani più o meno festosi. Chiaramente, giornata dedicata alla visita di Helsinki. La mattina abbiamo un po’ esplorato le vie del centro, e poi siamo andati al flea market (mercato delle pulci), dove ho acquistato due vecchie (degli anni ‘20 e ‘50) monete danesi per il fratello della mia stellina. Per il pranzo abbiamo scelto una delle bancarelle al mercato del pesce. È stata la migliore scelta alimentare che abbia fatto nella mia vita!!! Per EUR7.00 ho potuto divorare una paella al salmone che avrebbe saziato un cavallo… ma non me dopo due settimane di Inter Rail. Ho dunque ordinato anche un fantastico salmone con patate (EUR6.00). Che pranzo incredibile!

Dopo esserci ingozz… ehm, saziati, ed opportunamente rilassati, abbiamo proceduto verso il Kiasma, l’eccentrico museo di arte moderna. Interessante solo in parte, merita comunque una visita (EUR5.50 se non si è studenti). Ci sono anche un paio di opere di Andy Warhol. Il pomeriggio è proseguito con vari giri nei centri commerciali (fuori pioveva…) e con lunghe ed infruttuose ricerche nei negozi di CD. Ah, i prezzi sono leggermente inferiori rispetto all’Italia.

Per l’ultima cena in Finlandia abbiamo scelto una pizzeria, dove Luca ha osato ordinare una pizza con pollo e banana (una vera schifezza). Dopo un paio di pinte nel bar inglese della sera prima ed un ultimo saluto alla capitale della Finlandia, siamo saliti su un bus diretto all’aeroporto. Lo scalo di Helsinki merita una particolare menzione, poiché costituisce un ottimo posto in cui trascorrere economicamente ed abbastanza comodamente la notte, soprattutto se si aspetta un aereo. Nonostante la totale assenza di decolli ed atterraggi tra mezzanotte e le sei, il terminal (il 2, quello internazionale, l’altro non l’ho provato) rimane aperto 24h/24, ed anche l’ottima cafeteria con brioches e panini opera round-the-clock. Le panche sono relativamente comode, io mi sono tolto le scarpe ed ho dormito bene quasi come in un letto. Il “quasi” è dovuto alla gente che occasionalmente passava chiacchierando, e ad orecchio più di qualcuno deve avere commentato quanto io fossi sfigato. Tra l’altro, circola anche la polizia, il che rende psicologicamente più facile addormentarsi.

Venerdì 5 Luglio

Prima delle cinque l’aeroporto ha inziato ad affollarsi di brutto, ed è stato quindi inevitabile doversi alzare e fare colazione al café, in attesa del’apertura del check-in (aspettavamo il volo per Amsterdam delle 7.00). Dopo un’ulteriore ronfata al gate, ci siamo imbarcati sul 737: nuovo sonno e ci siamo ritrovati ad Amsterdam, dove mi sono peraltro concesso una birra solitaria con lo scopo di procurarmi euro olandesi per il fratello della mia amata. È stato poi il turno del terribile KLM Cityhopper, del quale mi è almeno riuscito di evitare i tramezzini (Luca, non so spinto da quale follia autodistruttiva, li ha invece mangiati).

Mentre scrivo queste righe sono ancora sul Cityhopper. La hostess si sta avvicinando con il carrello delle bevande, dunque mi farò ancora una Heineken. Sono le 10:45, tra poco sarò a casa, rivedrò mio fratello, i miei genitori, i miei amici e la mia stellina Sabry; tornerò al mio lavoro per tutta l’estate. Anche questo Inter Rail è finito, grazie per averne letto il resoconto. Buona vita a tutti!